Chat with us, powered by LiveChatSvimez: la politica della grandi banche del Nord penalizza le Pmi del Sud - FASI
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Svimez: la politica della grandi banche del Nord penalizza le Pmi del Sud

|Novità
01 luglio 2010

euroPmi meridionali con l’acqua alla gola. Il motivo? Gli effetti della ristrutturazione del sistema bancario iniziata alla fine degli anni ‘90, che ha visto le grandi banche del Nord rilevare gli istituti del Sud, hanno reso più difficile l’accesso al credito da parte delle imprese. Al contrario gli istituti locali, le Banche di Credito Cooperativo e le Casse Rurali (BCC), naturalmente più vicine al sistema industriale meridionale, sono in grado di offrire servizi e garanzie più adeguati e sostenere la crescita produttiva. 

Ad affermarlo un’indagine condotta dalla Svimez, l’Associazione per lo sviluppo dell'industria nel Mezzogiorno che dal 1° luglio 2010 è presieduta da Adriano Giannolla. L’analisi sul rapporto tra credito e imprese meridionali, condotta da Luca Giordano e Antonio Lopes, è stata pubblicata sul nuovo numero della Rivista Economica del Mezzogiorno, il trimestrale della Svimez edito da Il Mulino.

Elaborato su dati Banca d’Italia, Federcasse, Unicredit e Centrale dei rischi (il sistema informativo sull'indebitamento della clientela delle banche e delle società finanziarie vigilate dalla Banca d'Italia), lo studio prende in considerazione diverse variabili per misurare il rapporto tra banche e imprese dal 1990 al 2009 nel Sud e nel Nord.

Negli anni novanta, al Sud, le banche locali hanno dimostrato di essere efficienti: in dieci anni, dal 1993 al 2003 si sono allineate per efficienza di costo e di profitto a quelle del Nord. Fatto pari a 1 l’indicatore di efficienza, la media del Sud è stata per il costo di 0,94 (il Nord 0,95), per il profitto 0,92, come il Nord. Questa performance positiva era dovuta alla conoscenza approfondita della clientela, da una miglior gestione delle informazioni e da un maggiore controllo del rischio di credito data la comunità di riferimento più piccola.

Come è noto, la presenza di sportelli bancari viene considerata come un indicatore indiretto della ricchezza di un territorio. Analizzando il rapporto tra impieghi (cioè dei prestiti effettuati dalle banche ai clienti) e depositi (cioè del denaro depositato presso le banche dai suoi clienti) al Sud e al Centro-Nord, dal 1990 al 2007 emerge un forte aumento del divario: il differenziale di 20 punti tra le due ripartizioni del 1990 è salito a oltre 45 punti nel 2007. Il rapporto tra impieghi e depositi sul Pil nel periodo in questione è passato al Sud da 32 a 61, mentre al Centro-Nord da 48 a 109, con una crescita del differenziale tra le due aree da 16 a 48 punti.

Al Sud dal 2001 al 2006 gli sportelli delle banche grandi sono aumentati passando dal 58 al 66%, mentre le piccole e le BCC sono cresciute soltanto 1 punto percentuale (da 11,8 a 12,7 e da 8,4 a 9,2). Situazione nettamente capovolta al Nord Est: qui gli sportelli delle banche piccole sono salite dall’11,7 al 13,4%, mentre le BCC sono arrivate, dal 17,8%, al 19,2%.

Per molte imprese meridionali di piccole dimensioni il problema dell credit crunch è stato più grave che altrove. La carenza di sportelli BCC e di banche locali al Sud penalizza l’accesso al credito delle pmi meridionali, che non trovano risposte alle loro esigenze nelle politiche dei grandi gruppi bancari non meridionali presenti sul territorio. Un esempio è rappresentato dall’utilizzo di strumenti di valutazione del rischio troppo impersonali, inadatti al contesto produttivo meridionale basato sulla piccola impresa tradizionale.

Il sistema bancario, pertanto, non si è evoluto coerentemente con la domanda di sostegno finanziario delle imprese, che dovrebbe al contrario coniugare obiettivi di efficienza con quelli di sostegno alla crescita, soprattutto nelle aree più deboli del paese. Sarebbe quindi il caso, secondo gli esperti Svimez, di riconsiderare le potenzialità dei Confidi nella realtà produttiva italiana.

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